Non bastassero gli attacchi dei criminali fatti e finiti o a opera di cyber-spie improvvisate, le minacce in crescita costante e l’incapacità strutturale del cosiddetto “sistema paese” di far fronte a uno scenario da cyber-guerra permanente, l’Italia deve fare i conti pure con una vulnerabilità molto poco “virtuale” presente nelle sue infrastrutture telematiche di base.
Molti lo sanno, ha denunciato in queste settimane l’amministratore di rete Dario Centofanti, pochi ne parlano volentieri: la Internet italiana deve fare i conti con la presenza di un “Single Point Of Failure” (SPOF) di dimensioni macroscopiche, un singolo punto di vulnerabilità che se colpito o danneggiato seriamente porterebbe sostanzialmente al crollo della connettività del paese e taglierebbe i ponti con il resto della Rete mondiale.
Uno SPOF sta a indicare un componente indispensabile (sia esso hardware o software) all’interno di un sistema, anello basilare di una catena tecnologica che in caso di malfunzionamento, anomalia o indisponibilità farebbe “crollare” l’intero sistema. Per Internet, lo SPOF italiano si trova nella zona ovest di Milano, in via Caldera, dove la città lombarda ospita quella che viene indicata come la casa dei data center del Belpaese.
Il complesso CED (Centro Elaborazione Dati) di via Caldera ha una lunga storia tecnologica che include gli uffici di aziende di primo piano (Agusta, Olivetti) e l’installazione del primo collegamento in fibra ottica italiano da parte di Telecom Italia. In epoca più recente, il CED meneghino ha finito per ospitare player di mercato di altissimo profilo incluso il MIX, il più importante Internet Exchange italiano.
Sui server e i rack del MIX passano le “interconnessioni multiple” che mettono fisicamente in contatto le reti separate di service provider, carrier, fornitori di contenuti e società di hosting, che sfruttano l’opportunità data dall’organizzazione di fare peering (scambiandosi cioè il traffico IP in entrata e in uscita) in maniera efficiente e con un risparmio economico non indifferente. Da Milano Caldera passa la quasi totalità del traffico dati nazionale, e qualora questo link si interrompesse Internet non risulterebbe più accessibile in Italia.
I CED di Via Caldera sono appunto uno SPOF gigantesco, la cui presenza è stata recentemente sottolineata anche da Google: la corporation californiana dell’advertising ha una presenza importante nel complesso milanese con circa un centinaio di rack installati, e deve oggi fare i conti con una difficoltà oggettiva nell’estendere la propria presenza fisica in Italia non potendo allocare risorse aggiuntive nel complesso.
Il concetto generalmente contrapposto alla presenza di uno SPOF è quello della ridondanza, vale a dire la duplicazione di risorse o componenti vitali del sistema per meglio resistere a un eventuale attacco, e in effetti in questi anni si era parlato di nuovi progetti per almeno tre CED indipendenti a quello di via Caldera (Data4, SUPERNAP, WholeData) da inaugurare entro il 2016. Naturalmente adesso siamo nel 2017, e lo SPOF milanese continua a rappresentare una minaccia sistemica per una infrastruttura telematica non più al passo coi tempi.